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Cambiare verso, domenica

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di Alessandro Paroli

“Ma fare tre punti con il Chievo e magari perdere con il Milan, no?” si chiederanno in tanti, tra i tifosi amaranto. Non se ne parla: prendere o lasciare, il Livorno non ha mezze misure. Se dopo la trasferta di Verona, tanti appassionati avrebbero voluto ingoiare l’abbonamento, dimenticandosi di una squadra troppo brutta per essere vera, contro il blasonato Milan (mica tanto, di questi tempi) la magia è tornata. O quasi.

Perché la delusione all’uscita dai cancelli del Picchi era palpabile: in fondo il Livorno avrebbe meritato di accaparrarsi l’intera posta, soffiandola al livornese Allegri. Capita però di incappare nell’errore più comune: i conti senza l’oste. Che nel caso specifico aveva la pelle scura e la faccia canzonatoria di chi sa, prima o poi, che gol te lo farà. Ovviamente Mario Balotelli. Quei pochi minuti che sono passati dall’assurda traiettoria disegnata su punizione per il 2-2, all’impensabile traiettoria che ha colpito una traversa clamorosa, hanno spiegato a Livorno e ai livornesi che te la puoi anche giocare alla pari con il Milan e per lunghi tratti dominarlo, ma se in campo c’è un fuori-classe, fuori-di-sé, niente di può opporre. O meglio: fare il terzo gol in contropiede (2 volte Siligardi, una volta Greco) avrebbe (forse) tagliato le corna ad un Diavolo, poi rianimato da un diavolo del Calcio.

Partita emozionante come poche, almeno per chi l’ha vissuta dagli spalti. Cito Livorno-Sassuolo, scorsa stagione in serie B: 0-2 per gli emiliani dopo 10′, 3-2 per gli amaranto alla fine. Fu la partita della presa di coscienza per gli uomini di Nicola. Quest’anno non posso dimenticare l’amarezza di Livorno-Torino. Ancora: 0-2 granata dopo pochi minuti, 3-2 amaranto a metà secondo tempo con gol stratosferico di Emerson; pareggio di Cerci su rigore. Contro i rossoneri, al 2-1 di Paulinho confesso di aver sentito tremare lo stadio. Peccato.

Ma i banchi di prova non finiscono mai: domenica c’è Lazio-Livorno. Trasferta mai felice per i colori amaranto, in tutti i sensi. I bianco-celesti navigano in una situazione assai peggiore rispetto a quella livornese. Non per i punti, 4 in più per la truppa (ancora per quanto?) Petkovic, bensì per il morale. Gli aquilotti uscivano dalla stagione scorsa con un’euforia e una carica sportiva provocate dalla vittoria della Coppa Italia sui cugini romanisti, oggettivamente eccessive. Troppo distratta a incensare quella singola partita e a sfottere la parte giallo rossa di Roma, la Lazio ha perso di vista l’obiettivo e l’attenzione per il nuovo campionato: i risultati sono evidenti, 20 punti distanziano Roma e Lazio.

Ma delle vendette e delle scaramucce capitoline, da queste parti importa poco. Gli amaranto necessitano di punti, perché ad oggi sarebbero retrocessi. Necessitano di punti, perché ormai il calendario fino alla fine del girone d’andata non ammette scuse: non esistono sfide salvezza o sfide impossibili. Tutte vanno affrontate per risalire la china. Necessitano di punti per dare continuità, per dare morale e (forse) per convincere che qualcosa a Gennaio può essere migliorato. Cambiare verso, ora.


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